Gregorio Botta
Gregorio Botta nasce a Napoli nel 1953, vive e lavora a Roma. Innumerevoli sono le mostre personali organizzate tra il 1991 e il 2010: tra queste la mostra Fisica minima, a cura di Olga Gambari presso la galleria Weber & Weber di Torino nel 2010. Le opere di Gregorio Botta si trovano nelle più importanti collezioni pubbliche e private; per fare qualche esempio, sono conservate presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, il Macro, il Museo Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma e la Banca Nazionale del lavoro nonché al Mart di Rovereto. L’artista tenta di dare una definizione di forma e di materia: si interroga continuamente sul definire la consistenza della superficie, si chiede quale sia la materia che costituisce il mondo sensibile e quale sia invece quella del mondo invisibile. Le sue opere sono frammenti in continua tensione; ogni elemento è strutturale, nulla è accessorio: sono vive, è come se vibrassero nella loro essenzialità. Gregorio Botta tenta di fissare l’ineffabile, di rendere percettibile, non solo alla vista ma anche a tutti i sensi, ciò che richiede attenzione primaria, ovvero l’insieme di quelle realtà parallele e che ci avvolgono, uscendo dal tempo e dallo spazio. I geometrismi si fanno morbidi, tattili, la nettezza delle campiture di colore si sfalda e si apre. La fruizione dei lavori si connota come esperienza rituale, che parte dal coinvolgimento dei sensi, accede a un livello filosofico e poi diventa nostalgia di ciò che si è perduto, dimenticato, che si vuole ritrovare anche se indefinito, ancora riverbero, pura emozione, pensiero in costruzione. La pelle delle opere di Botta respira e pulsa: le creature è come se avessero gli occhi chiusi, è come se fossero dormienti e sognassero veggenti rivelazioni oracolari. Sorelle delle creature di Gino De Dominicis antiche e aliene, primitive e già future, che non spiegano nulla ma dicono tutto: è questo infatti, ciò che si chiede all’arte.
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